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Qui comi[n]cia la seconda lectione del canto xiiij. Per che lo spirto che prima par lomi Ricomi[n] cio tu vuoi chio mi reducha Nel far ad te cio che tu far no[n] vuomi. Ma da che dio In te vuol che tralucha Tanto sua gratia non ti saro scharso Pero sappi chio son guido del duca. Fu il mio langue dinuidiasu arso Che se veduto auessi hom farsi lieto Visto manresti di liuore sparso. Di mia sementa cotal pallia mieto O gente humana per che ponil chore Done mistier di consorte diuieto. Questi e ranier questi e il pregio el llonore della casa de caluoli done nullo Fatto se herede poi del suo valore.

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E non pur lo suo sangue e fatto brullo Tral po el monte e la marina el veno del ben richiesto al nero et al trastullo Che dentro a questi termini e ripieno diu u?nosi sterpi si che tardi Per coltiuare omai nerrebber meno. Quel buon licio er arrigo manardi Pier trauerso e guido di canpigna O romanguoli tornati bastardi. Quando in bolonnia un fabro si rallumia Quando in faenza un bernadin di fosco Verga gentil di picciola graminnia. Non ti maruilliar sio piango tosco Quando rime[m]bro co[n] guido da prata Ugolin dazzo che uiuitte nosco Federico tignoso e sua brigaia La casa trauersara e li anastagi E luna gente et laltra e diredata. Che ne nuolliaua amore e cortesia La dove i cor son fatti si malnagi

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